di Irene Giancristofaro
La dottoressa V. chiuse la porta del suo studio al termine dell’ultima seduta della settimana. Era stanca. È faticoso lavorare con chi ha affidato la propria esistenza ai disordinati sogni degli altri. In quel tardo pomeriggio di maggio si accomodò sulla poltroncina rossa davanti alla finestra del suo studio e ascoltò il silenzio. Continua a leggere
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