di Dana Vanni
Questo è il nostro segreto profondo/ radice di tutte le radici/ germoglio di tutti i germogli/ e cielo dei cieli/ di un albero chiamato vita,/ che cresce più alto/ di quanto l’anima spera,/ e la mente nasconde.
(Edward Estlin Cummings)
Utilizzo le parole di Cummings per indagare la linea sottilissima che divide il segreto della vita dal segreto, ben più pericoloso, della morte. Eppure nello stesso modo potrei affermare che ogni segreto nasce, anche al cospetto della morte, per mantenerci in vita. Si tratta, a mio avviso, di uno dei migliori compromessi possibili con la realtà, quando essa, ad esempio, risulti inaccettabile esigendo nello stesso tempo di essere conservata.
Esistono momenti nella vita di un bambino in cui egli si ritrova catapultato di fronte ad un bivio che si estende in milioni di differenti ramificazioni. Sappiamo che, per esempio, di fronte ad un abuso fisico, in special modo di fronte ad un abuso sessuale, il bambino debba portare avanti scelte incredibilmente estreme. In quei drammatici casi in cui l’abuso venga perpetrato da una figura di accudimento il bambino dovrà addirittura operare una sutura tra l’amore e l’odio, in modo che i due sentimenti possano in qualche modo reggersi l’uno sull’altro senza cedimenti. Al bambino sono richieste quindi le capacità di un chirurgo esperto che, dopo aver tentato di portare a termine un intervento con risultati positivi, abbia preso consapevolezza del danno ben più esteso della malattia, e sia costretto a richiudere il corpo sul tavolo operatorio senza poter ulteriormente intervenire.
Tutte le strade che il bambino ha la possibilità di intraprendere – dal divenire egli stesso un abusante, all’assumere il ruolo della vittima controllando, perlomeno, la propria passività, alla scissione, al suicidio – costituiscono in qualche modo dei pungenti meccanismi di difesa che eviteranno alla mente di frantumarsi in modo irreparabile. Persino il suicidio sembra una soluzione maggiormente accettabile rispetto al lento deteriorarsi delle proprie capacità cognitive ed emotive.
Esiste poi una soluzione aggiuntiva al problema, che in qualche modo ricalca la funzione dei meccanismi di difesa psicoanaliticamente intesi, ovvero mantenere attivamente un segreto.
Immagino tale meccanismo come una sorta di limbo nel quale poter dimenticare la lucida e netta distinzione tra il prima e il dopo causata dall’evento traumatico. Una sorta di terra di nessuno nella quale collocare temporalmente e spazialmente qualcosa che nella realtà condivisa non ha tempo e non ha spazio. Una soluzione intelligente ed intelligibile per quei soggetti che, ad esempio, abbiano vissuto il trauma in modo coerente ed ordinato, e non riescano tuttavia ad archiviarlo. Devono, quindi, rimanere sull’attenti e portarlo con sé come in una specie di costante confronto, scegliendo tuttavia di rimanere in silenzio, nel terrore che le parole possano generare un uragano. Parlo di uragani riferendomi alla loro capacità di spazzare via case, persone, città, così come l’incapacità di mantenere un segreto – come quello dell’abuso sessuale – potrebbe in qualche modo cancellare o tranciare di netto relazioni d’amore, spazi condivisi, vite intere in cui, fino a quel momento, il bambino ha abitato.
La possibilità di mantenere un segreto, o mantenersi in un segreto, genera in qualche modo una tasca nella propria mente, dove poter conservare e imparare a gestire situazioni o vissuti dolorosi, rischiando, nello stesso tempo, di non trovare una soluzione definitiva.
Credo che sia fondamentale, a tal proposito, riuscire a portare un gran rispetto ai meccanismi di difesa scelti dal paziente, al loro strutturarsi, al loro evolversi. Tali meccanismi rappresentano una sorta di tumore benigno che lotta quotidianamente per estendersi ed occupare gran parte della mente. Esistono tumori con i denti, esistono tumori con i capelli, esistono tumori che prendono nel tempo una forma quasi umana, e i tumori di difesa con i quali nella stanza di analisi ci si confronta richiedono tutta la nostra umiltà e la miglior capacità di ascolto. Porsi in questi termini nei confronti di un paziente che sia ricorso per anni alla segretezza sarà l’unica base che permetterà di lavorare insieme in un percorso in cui sarà possibile operare senza recidere organi vitali e senza perdere il senso dell’amore reciproco.
Molto interessante, acuto e denota una sensibilità profonda.
"Mi piace""Mi piace"