Lettera alla madre

Di Donatella Di Pietrantonio

Certe volte che ti odio. Odio il tempo che mi costi. Sei stata avara di tempo con me, quando ero bambina le tue mani mi parevano d’ossa, mi arrivavano scarse e perpendicolari, mi lavavano, cambiavano, porgevano il cibo e poi via, verso campi da lavorare, animali da accudire, verso sacrifici e doveri che non mi riguardavano. Ci mancava il momento delle carezze inutili, del palmo tangente alla guancia, della pelle che si scalda e suda a contatto con l’altra.

Ubbidivi agli ordini del suocero-padrone, non era colpa tua. Ma qualche volta ti avrei voluta partigiana e rivoluzionaria, per me. Eri una madre inaccessibile, separata, non per disamore, per fretta, quest’altra forma del disamore. Ti inseguivo, certi giorni con l’andatura dimessa del cane pulcioso che esala disperazione dal muso. Solo la notte ti raggiungevo, infilandomi nel tuo letto. Annusavo dai capelli l’ordine del giorno appena trascorso: stalla delle mucche, pecorino fresco, foraggio, peperoni fritti. Di nuovo lontana, perduta nella profondità del sonno, ma ti stavo io accanto, espiravo sulla tua nuca, potevo vegliarti un po’ e poi finalmente dormire anch’io appoggiandoti una mano nell’incavo tra il collo e la spalla, dov’eri più morbida e viva. Sei stata il principio di tutti i miei desideri, la madre di ogni solitudine.

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Il misantropo

di Claudio Merini

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La ragione vince sempre le scaramucce, ma mai una battaglia che conti.

(Qui pro quo, Gesualdo Bufalino)

– Ma ha visto l’ultimo sondaggio elettorale, quello che dà la Lega al 32 e mezzo per cento?

(Silenzio)

– Perché non mi risponde?

– Pensavo fosse una domanda retorica e aspettavo che aggiungesse qualcosa.

– Beh, quello che c’è da aggiungere è che gli italiani si sono bevuti il cervello. Ho visto un filmato della visita di Salvini a Viterbo in mezzo a due ali di folla osannanti, accolto come fosse il salvatore della patria. Roba da rabbrividire. Fino a poco tempo fa la Lega a Viterbo prendeva meno dell’uno per cento. Incredibile. Continua a leggere

Odio e vivificatore: un’ipotesi di lavoro.

di David Ventura

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 “Corrompo ma illumino…”

Fernando Pessoa, L’ora del diavolo

 

Pur se siamo in grado di riconoscerlo intuitivamente, una riflessione sulla natura dell’odio equivale ad addentrarsi in un labirinto di specchi per molteplici ragioni. È innanzitutto arduo e penoso confrontarci con quella parte di noi dove alberga l’odio a causa delle copiose connotazioni sociali, morali e religiose che ci inducono a confonderlo con la distruttività e il sadismo, con l’aggressività e la violenza, finanche con il peccato e il male. Continua a leggere

L’odio per il diverso

di Anna Di Tullio e Daniele La Licata

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…Oppure accadeva che non si giungesse mai a una vera riconciliazione, che la mamma semplicemente mi proteggesse di nascosto, mi desse qualcosa di nascosto, mi permettesse qualcosa, e allora davanti a te ero di nuovo quell’essere sinistro, quell’imbroglione cosciente della sua colpa che, per la sua nullità, poteva giungere solo per strade tortuose anche a quello che riteneva un suo diritto.

Lettera al padre, Franz Kafka

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Non è un paese per specchi

di Salvatore Agresta

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L’ingranaggio della nostra umana esistenza è refrattario a una cosa soltanto: l’unità.
Martin Buber

Guerre intestine

È possibile individuare nel bambino i segni di un’operazione precorritrice del pensiero? È pensabile che un feto possa cercare di liberarsi da sensazioni spiacevoli, ad esempio cambiamenti di pressione nel mezzo acquoso? Vi è cioè modo di ipotizzare qualcosa che, prima del trauma della nascita e indipendentemente dalla reverie materna, inauguri una forma di elaborazione pre-natale, un protopensiero? Continua a leggere

Avversione e odio per l’esperienza emotiva

di Massimo Belisario

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L’emozione è l’elemento centrale di una terapia psicoanalitica, ed è il cuore pulsante della vita psichica di ognuno di noi. Ogni persona che riceviamo quotidianamente nella nostra attività di analisti ci chiede, indirettamente, di poter sentire o nuovamente sentire il movimento della vita in sé stessa. I vari quadri psicopatologici indicano il tipo di relazione che il soggetto intrattiene con il proprio mondo dell’emozione. Così l’ossessivo grave ci mostra la necessità di ridurre la sua vita emotiva al “minimo numero di giri” e per conseguire questo obiettivo si può avvalere di un uso smodato, eccessivo, del pensiero, che non viene quindi usato all’occorrenza, e del controllo. Il soggetto ha bisogno di rallentare la vita emotiva in lui, l’emozione non la può avvicinare più di tanto, la sente troppo incandescente, ed è per questo che generalmente ricorre alla psicoanalisi, per darsi una possibilità in alternativa a quel suo procedere emozionale.  Continua a leggere