La bambina silenziosa e l’Orco Rosa. Analisi Rorschach di una vittima di pedofilia femminile.

Di Chiara Matticoli

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Ascolta…il silenzio.

È un silenzio ondulato,

un silenzio,

dove scivolano valli ed echi

e che inclina le fronti

al suolo.

 (Federico Garcia Lorca, “Il silenzio”)

 

 No… l’Orco è nero, è l’uomo nero, di sicuro il papà, lo zio, l’amico di famiglia. Si avvicina di notte, nel silenzio. Non esiste un orco rosa!

Nessuna “definizione” data alla pedofilia contempla la possibilità che il pedofilo possa essere una donna (Petrone,2010), nessuna lascia il dubbio, nessuna si conclude con una domanda.

L’idea di donna è associata a quella di maternità e, di conseguenza, alla dolcezza e alla protezione. E’ assurdo che una donna, una mamma, possa essere attratta sessualmente da un bambino: è un paradosso, forse un’eccezione, una notizia mai ascoltata al tg, ma che le nostre orecchie siano tristemente sconvolte o meno, è realtà.

Il mio pensiero va a Maria. Maria oggi ha 46 anni, è sciatta e sovrappeso. Insegnante di religione alle scuole elementari, vive da sola in una casa buia, sepolta tra mille scatoloni e provviste, separata dal marito, “è stato lui ad abbandonarmi”, il loro è stato un rapporto “in cui i ruoli erano quelli di un genitore con il proprio figlio” dice. E’ prima di cinque figli e la storia che racconta è una storia muta, di sofferenza e di vissuti depressivi, di trascuratezza e abusi subiti da entrambi i suoi genitori, il cui rapporto era molto conflittuale, padre violento e aggressivo con tutti, l’unica sua alleata era la nonna, l’unica “che è stata in grado di farmi sentire amata e protetta”; alla sua morte, all’età di otto anni Maria tenta il suicidio, cercando di soffocarsi con dei lacci. La madre di Maria è una donna “non umana” e “non in grado né di fare la mamma e né di amare”, “una che non sapeva e non voleva cucinare per noi, una che non sapeva neanche come si facessero i figli… tanto che quelle poche volte che si concedeva a mio padre finiva per rimanere incinta” e le pratiche d’abuso a cui sottoponeva lei e uno dei suoi fratelli erano quotidiane, a Maria toccava assecondare anche i desideri del padre, un uomo insaziabile e distratto. I genitori all’unisono ripetevano “…in tutte le famiglie funziona cosi”.

Oggi Maria soffre di gastrite, di tiroidite e di un microadenoma ipofisario, di depressione e bulimia. A trent’anni inizia un percorso psicoterapeutico di sette anni (fino alla separazione con il marito) interrotto e ripreso poi con una serie di altri psicologi tra cui l’attuale: riaffiorano alla memoria gran parte delle violenze subite in infanzia, opportunamente rimosse, sta avendo modo di riflettere sul fallimento del matrimonio e la mancata maternità, dice. Sì, Maria non è madre, “in qualche modo lo sono sempre stata, non riesco a fare la spesa e a cucinare per una sola persona, ma preparo dosi eccessive di cibo che poi sono costretta a consumare da sola per evitare sprechi, ho sempre avuto paura di morire di fame, porto sempre qualcosa in borsa, in macchina e riempio il frigorifero”.

Il suo lavoro e la fede offrono a Maria sollievo “ma da un po’ di tempo a questa parte sento un profondo conflitto, mi mette di malumore, mi toglie il sorriso con i miei bambini, sento di non poter toccare le bambine neanche per prenderle per mano e accompagnarle in bagno, così mancherei loro di rispetto per i pensieri sconci che faccio”.

Accetta di sottoporsi alla somministrazione del test, lamentando continuamente freddo, cosi tanto da chiedermi di poter indossare il giubbino “facendo questa cosa sto salvando in qualche modo il mondo, come la Dottoressa mi dice, io faccio parte dei Sopravvissuti”, non vuole avere nessuno alle sue spalle, “mio padre e mia madre mi prendevano alle spalle”. Maria chiede di bere acqua, specificando di volta in volta il numero di bicchieri di cui ha bisogno per stare meglio, per ridurre l’ansia “per buttare giù tutto quello che vuole risalire”.

Del pomeriggio trascorso con lei ricordo l’angoscia… ricordo i silenzi. Spesso aveva bisogno di una pausa, per prendere fiato, per prendere distanza dai “mostri incappucciati” e dalla “puzza di sperma” che continuava ad avvertire nella stanza, si sentiva quasi soffocare da “…due cuscini con i tagli”. L’analisi del protocollo evidenzia forti problematiche incentrate su profondi sentimenti di vuoto, disturbi dell’identità sessuale e disturbi relativi alla sessualità in generale, evidenti sono risultati gli stati di tensione rivolti all’ambiente, una scarsa consapevolezza di sé, paura e timidezza, insicurezza, nonché una mancata integrazione ed evoluzione dell’aggressività e delle pulsioni primitive. L’esame di realtà appare scarsamente adeguato, forte la tendenza alla confabulazione, all’auto-riferimento, alla madre e al padre, tutti riferimenti intrisi d’aggressività (“…uomo che trascina due donne… le mani dell’uomo sono sulle loro bocche per impedire che parlino”) .

Maria è circondata da “protuberanze che la terrorizzano”, o da “…belle ali di una farfalla”: ha un’intenzione chiara, cosi come ella stessa rivela, annulla subito il negativo con il positivo. “Ci sono due figure femminili in simbiosi tra loro, sono legate, non sono autonome, è più giusto che stiano in piedi da sole ma sono mutilate” (private di una parte, come dice “…ad una gli manca una parte qui, gliel’hanno tolta o si è rotta) e io penso a loro, Maria e la madre. Di fronte alla porzione di macchia che dovrebbe richiamare l’organo sessuale femminile, vede “…un missile spaziale con una base sotto”. “La puzza di sperma” diventa insopportabile alla presentazione della tavola del Femminile e Maria è visivamente disgustata dall’odore percepito chiedendomene conferma, debole risulta l’identificazione femminile cosi come fortemente problematiche sembrerebbero le rappresentazioni mentali, gli atteggiamenti psicologici rispetto al femminile e alla sessualità, inadeguato è il livello evolutivo delle relazioni oggettuali e il fatto che abbia evitato di interpretare lo spazio centrale bianco potrebbe rimandare a gravi problemi depressivi legati al senso di vuoto, a vissuti di abbandono (Rizzo).

L’elemento persecutorio torna, stavolta c’è “un mostro che vuole strappare dei cuori”. L’analisi degli altri indici del protocollo evidenzia forti sbalzi d’umore, impulsività, reattività e suggestionabilità (Rizzo), scarsa integrazione delle istanze psichiche e immaturità estesa a tutta l’organizzazione psichica, legami oggettuali forzati, relazioni oggettuali incongrue [Rorschach 1965].

Quel pomeriggio pieno e vuoto allo stesso tempo finì, mi lasciò dicendomi che presto avrebbe affrontato i suoi genitori “e gli avrebbe vomitato tutto addosso”: Maria stava scalfendo, anche se a fatica, quel muro di silenzi che l’aveva tenuta prigioniera per troppi anni, stava affrontando il “blocco monolitico” di Krugman (1987), quel silenzio che è stato “scelto” da lei per non soffrire, “scelto” un tempo dalla madre e dal padre per non capire e scelto da tutti noi spesso per non pensare al dolore di Maria un tempo bambina, oggi donna e mai o da sempre madre.

Sento il silenzio di Maria come un’interruzione, quell’interruzione di Ferenczi “del flusso dei ricordi e dei raccordi fra gli eventi” provocato dal trauma che non può essere ricordato ma solo rivissuto…da extrapsichico ad intrapsichico, attraverso l’introiezione dell’aggressore, nel tentativo di risolverlo (Groth A.N. 1982), “tutto diventa sensazione priva d’oggetto” e la mancata simbolizzazione dell’esperienza mina alle radici il formarsi del senso d’identità di Maria e la diretta conseguenza è anche l’introiezione del senso di colpa del genitore, dunque Maria è scissa, al tempo stesso innocente e colpevole.

Per tutto questo tempo Maria ha avuto bisogno di mantenere intatta la figura della madre abusante, ha giustificato i suoi comportamenti, ha mantenuto la sua idealizzazione, introiettando la parte negativa su se stessa. E’ la cosiddetta Genitorializzazione del bambino, l’inversione di ruoli tra l’adulto e il “poppante saggio” di Ferenczi: Maria è diventata “colei che si prende cura dei suoi cari” (Mucci, 2014).

Interruzione e “confusione delle lingue” (Ferenczi 1933): al linguaggio della tenerezza di Maria, la madre ha risposto con il linguaggio dell’erotizzazione e della sopraffazione, più o meno violenta. Questa confusione è traumatica per lei, lei che non è in grado di discernere e di elaborare, integrando in sé, le componenti eccitanti e affettive della sessualità. La piccola Maria è confusa, angosciata, risentita e in colpa.

La Heimann (1975) parla del bambino abusato come di un “spoilt children” (= bambino rovinato, spogliato): un bambino espropriato di qualcosa di profondamente suo che diventerà depositario di qualcosa di alieno e di estraneo.

Di che cosa è stata espropriata Maria? Dell’ innocenza della sua voce immagino. E che cosa rimarrà depositato in lei? Una storia, una storia mai raccontata ma vissuta, una storia muta fatta di carezze che soffocano. Una storia il cui libro non avremo mai voluto sfogliare prima di andare a dormire, una storia di punti esclamativi e non interrogativi. La domanda, il dubbio, ora stanno rompendo il silenzio.

Chi è la vittima? Chi il carnefice? Queste due figure qui si fondono e si confondono, si rincorrono affannosamente, vorrebbero chiedere aiuto l’uno all’altra ma non hanno ancora abbastanza fiato né voce per farlo e allora chiedono di bere uno, due, tre bicchieri d’acqua.

 

BIBLIOGRAFIA

Ferenczi S. (1932), Confusione delle lingue tra adulti e bambini, (Il linguaggio della tenerezza e il linguaggio della passione) in Fondamenti di Psicoanalisi, vol.3 Guaraldi, 1974.

Giambelluca F.C., Parisi S., Pes P. (2000), L’interpretazione Psicoanalitica del Rorschach, Edizioni Kappa, Roma.

Groth A.N., (1982), The Incest offenders, in S.M. Sgroi (a cura di), Handbook of clinical Intervention in child abuse, Lexington (MA), Lexington Books.

Heimann P. (2005), Bambini e non più bambini, Borla.

Krugman, S., (1987), Trauma in the family: Perspectives on the Intergenerational Trasmission of Violence, Internet

Laplanche J. e Pontalis J. (1967) Enciclopedia della Psicoanalisi, Laterza, Bari 2000.

Mucci C. (2014), Trauma e Perdono, una prospettiva psicoanalitica intergenerazionale, Raffaello Cortina Editore. Milano.

Petrone e Lamberti (2011), Pedofilia rosa, Edizioni Magi.

Petrone, Troiano (2010), E se l’Orco fosse lei?, Franco Angeli.

Rizzo C. (1972), L’adulto sano di mente. Dispensa a cura della Scuola Romana Rorschach, Roma.

Rorschach H., (1981), Psicodiagnostica, a cura di W. Morgenthaler, Edizioni Kappa Roma.

Rorschach Test, Verlag Hans Huber AG, Berna, Svizzera (1921,1948,1994)

 

 

 

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