“Siate la valanga che sale!”

di Valentina Pieramico

Sono nella piazza principale della città, un grande rettangolo austero. Cammino fiancheggiata da tigli e platani che gettano la loro ombra sulle panchine. Di fronte a me, le 360 paia di scarpe da donna, tutte diverse, di tutti i tipi e di tutti i colori, rimango senza fiato. “Nome, cognome, età e data di morte”. Un colpo al cuore, come a quello di Antonia “bucato con qualcosa di molto sottile” (Iacona, 2017, p. 177) e silenziato per sempre. Il senso d’impotenza, d’inadeguatezza, di delusione è devastante. Un dolore estremo, il mio dolore profondo. Cerco un senso a questo “crimine planetario” (Barducci et al., 2018), tento di organizzare un pensiero attorno alla più diffusa violazione dei diritti umani, ma ho bisogno di tempo; il mare che vedo in lontananza forse mi riporterà alla poesia delle piccole cose, che sembra, ora, l’unica speranza a elaborazione di questo nostro dramma. È così che, in quei caldi riflessi color smeraldo, provo a interrogarmi di nuovo sul significato più profondo di questi eventi violenti, difficili da decifrare. Chiederci come mai succede tutto questo è un impegno umano nei confronti sia di chi non ce l’ha fatta, sia di chi come “Maria, Rosaria…”, ma anche “Francesco”, “Antonio” (Pezzuoli et al., 2013) ci sta provando; guardandomi dentro, con onestà, un impegno in realtà verso ognuno di noi.

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