Il linguaggio

Di Maria Luisa Baldassarre

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 “Il linguaggio” scrisse Benjamin Lee Whorf, “è  il miglior spettacolo che l’uomo metta in scena”
( Carroll, 1964 )

Si potrebbero elencare una serie di studi, citazioni e teorie sul linguaggio, su cosa sia, su come si acquisisce e si sviluppa, da Vygotskij a Piaget, da Skinner a Chomsky, ma certamente sarebbe interessante o scontato per pochi lettori e forse “digeribile” per ancor meno. Questo articolo dunque racchiude brevi e semplici riflessioni che non vogliono essere una critica ai nostri giorni né un nostalgico riferimento ad alcune esperienze del passato, ma solo una considerazione su alcuni aspetti che attualmente caratterizzano il linguaggio o più in generale il modo di comunicare.

Il linguaggio è una capacità molto complessa che permette di trasmettere idee e conoscenze, di descrivere eventi e situazioni, ma soprattutto il linguaggio è il veicolo dell’informazione. Attualmente la nostra società prevede un modello di comunicazione che sia il più possibile completo, chiaro ed inevitabilmente veloce. I contenuti e le tipologie dell’informazione sono tipici del tempo e del contesto che si sta vivendo. Oggi l’informazione è “digitale” e in un certo senso è digitale anche il linguaggio: meno parole possibili per veicolare più informazioni possibili. Un concetto, quest’ultimo, che funziona bene con le macchine, e con gli esseri umani? Gli uomini non hanno ram, né processori o hard disk, cosa permette loro di memorizzare al meglio un’informazione? Nell’uomo, cosa rende indelebili e durature le informazioni veicolate dal linguaggio?

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Il silenzio assordante

linguaggio persasivo

“Smacchieremo il giaguaro!”.

Pierluigi Bersani, candidato in pectore alla presidenza del Consiglio alle elezioni politiche del 2013.

“Se qualcuno insulta la mia mamma, io gli do un pugno!”.

Papa Francesco a proposito dell’attentato a Charlie Hebdo.

“Red Bull ti mette le ali!”

Slogan pubblicitario di una nota bibita.

Questo scritto è anche un meta-scritto e un esempio della tesi qui esposta; o almeno tenta di esserlo.

Il titolo di quest’articolo è una provocazione. Se il lettore ci fa caso, la locuzione “silenzio assordante” è una delle più utilizzate e diffuse nei mezzi di comunicazione. Ne fanno massiccio uso sia i media sia la gente comune, riferendosi a qualcuno che deve parlare o relazionare su qualcosa o comunque deve palesare la propria posizione rispetto ad un argomento oggetto di dibattito. Spesso questo soggetto è reticente e quindi si chiude appunto in un silenzio assordante. La frase è forte, paradossale; rende bene l’idea della opportunità e dell’esigenza di espressione poiché essendo “assordante”, il silenzio è negativo, inopportuno, direi proprio fastidioso. Continua a leggere

Il linguaggio dell’integrazione

di Giuseppe Altieri

linguaggio-dellintegrazione

Il mio percorso formativo è di tipo integrato. Sono ormai 4 anni che studio svariati modelli psicoterapeutici, con le loro peculiari tecniche, le loro metodologie operative, i loro protocolli d’intervento e il loro linguaggio. Non è facile districarsi in questa Babele, spesso mi ritrovo confuso; ci sono modelli che addirittura sono antitetici tra loro, si escludono a vicenda. Continua a leggere