di Giuseppe Bontempo
L’Etica della Psicoterapia, l’uso della preposizione articolata della serve innanzitutto ad esprimere le relazioni comprese nel complemento di specificazione, col quale si determina la caratteristica particolare di qualcosa di generico… l’Etica .
Intorno alle molte e complesse implicazioni del tema, vanno sintetizzati alcuni riferimenti teorici indispensabili alla comprensione dell’ottica e della riflessione che viene proposta : il Professionalismo di Eliot Freidson ( 2002 ) e il Darwinismo .
L’etica professionale è una dimensione orientata al servizio dell’interesse generale, ed è una questione di fondamentale rilevanza non solo perché è il principale oggetto di discussione nelle ipotesi di regolamentazione delle professioni, ma anche perché sembra subire gli attacchi delle politiche liberiste imperanti nel mondo occidentale e che sembrano contaminare professioni classiche che fino a poco tempo fa sembravano immuni agli effetti derivanti dal controllo del mercato del lavoro professionale e dalle trasformazioni della società postindustriale.
Il Professionalismo è sicuramente un indicatore di tali mutamenti e dei processi che vedono arricchire il panorama delle professioni che rientrano nel gruppo complesso dei knowledge workers , i lavoratori della conoscenza, dove le professioni classiche, e quindi anche quella psicologica, rappresentano una piccola parte di un nuovo ceto che sollecita e minaccia i confini delle professioni regolamentate.
‘ Nel senso più elementare del termine, il professionalismo è un insieme di istituzioni che permettono ai membri di una professione di guadagnarsi da vivere controllando il loro lavoro. Si tratta di una condizione di notevole privilegio ; infatti non può esistere professionalismo se non si crede che le specifiche attività svolte dai professionisti sono così diverse da quelle della maggior parte dei lavoratori che è essenziale il loro autocontrollo…Le due idee più generali ad esso sottese sono la credenza che un certo lavoro così specializzato da essere inaccessibile a quanti sono privi della formazione ed esperienza richieste, e la credenza che non possa essere standardizzato, razionalizzato o, come pensa Abbott (1991), << mercificato >>. Questi elementi sono alla base dei processi sociali che stabiliscono lo status sociale ed economico del lavoro professionale; pur essendo caratteristiche elementari, sono troppo importanti per essere date per scontate. ( Freidson E. 2002, pagg.47-48 ).
Continuando sinteticamente il pensiero della sua analisi sociologica, Freidson sostiene che le professioni sono basate su sistemi specializzati di conoscenze e competenze, e ottengono e proteggono il loro status sociale persuadendo gli altri che la loro disciplina ha un valore speciale per la gente, la natura del loro lavoro richiede fiducia, i professionisti identificano il bene del cliente. Al di là delle buone intenzioni, la crescente complessità della conoscenza e della competenza ha condotto ad una spiccata attenzione verso il modo in cui le varie professioni trasformano le intenzioni in azione , in altre parole una maggiore attenzione all’etica.
Le Associazioni professionali hanno predisposto codici formali di etica per fornire ai professionisti una guida attraverso la chiarificazione delle questioni etiche che sorgono dal loro lavoro; e solo in questo specifico contesto concreto le comuni norme morali della vita quotidiana potranno essere tradotte in etica della pratica.
La maggior parte di codici di etica delle professioni svolge proprio questa funzione di trasferimento, considerando l’impiego delle competenze specializzate in circostanze che non sono familiari a persone inesperte ma che comportano responsabilità a tutti evidenti.
Le norme etiche più importanti sono quelle che si confrontano con il conflitto di interessi, che costituisce il vero tallone di Achille del professionalismo in quanto per giustificare il monopolio su una determinata pratica, si deve poter supporre che esso non sarà utilizzato per il proprio personale vantaggio.
Nello specifico della psicoterapia è utile ricordare come il conflitto di interesse trovi attualizzazione nello sfruttamento del paziente dal punto di vista economico, emozionale e sessuale ( Mordini, 1997) ; e non solo in queste forme esplicite e in malafede che negano l’essenza della prassi terapeutica e della relazione interpersonale, ma anche in quelle più subdole apparentemente fatte e giustificate dalla ‘buona fede’, frutto di mancata formazione e/o supervisione.
Per creare e sostenere la fiducia è essenziale che i codici di etica specifichino in dettaglio e condannino tutte le azioni e le circostanze in cui la posizione privilegiata dei professionisti sia utilizzata per generare un profitto ulteriore rispetto al valore del lavoro svolto. ( Freidson E. op.cit. pag.310 ).
Se l’autonomia è l’essenza del professionalismo, l’etica ne è l’anima.
Fin qui l’etica della pratica che regola le problematiche del lavoro affrontate dai professionisti; sul piano della complessità nella interazione con il contesto socio-economico l’etica della pratica è insufficiente e l’anima del professionalismo si consolida con la dimensione istituzionale dell’etica, che le Associazioni dei professionisti deputate a difendere e sostenere , ma questo tipo di analisi ci porterebbe lontano, anche se il discorso è attuale soprattutto in Italia in relazione ai cambiamenti che si presenteranno nello scenario delle professioni in Europa.
Le Istituzioni professionali devono avere un’autorità non solo cognitiva ma anche etica in modo da preservare gli ideali di servizio, e l’etica professionale si caratterizza autonoma e orientata al servizio della collettività e dell’interesse generale. In questa ottica emerge l’importanza del ruolo delle Istituzioni professionali nella definizione dell’etica e degli ideali di servizio alla collettività .
Intorno a questa logica sono costruiti i Codici Deontologici con la loro architettura di principi generali, regole e consuetudini che ogni gruppo professionale si impegna ad osservare nella pratica professionale.
Il Codice Deontologico definisce regole di condotta, cioè i costumi e i comportamenti etici, da rispettare nell’esercizio della professione. Una cornice indispensabile al professionista ma non esaustiva nella complessità del mandato professionale e nello specifico, dell’attività psicoterapeutica, un sistema di regole su cui ragionare ma estremamente distante dal sentire nella relazione con l’Altro, processo eminentemente fondato sulle emozioni e sui sentimenti.
Ma da dove arrivano i sentimenti morali ?
Sono un darwiniano convinto e il Maestro aveva una teoria precisa sulla ‘ origine biologica della capacità morale ‘ che per certi versi sarebbe innata .
Le scelte morali sono frutto dell’evoluzione di milioni di anni, e le neuroscienze, confermano che le scelte morali sono dettate dalle emozioni e non dall’organizzazione cognitiva razionale.
Sembra che le emozioni siano alla base di gran parte, se non del tutto il nostro comportamento morale; alcune emozioni servono specificatamente allo scopo di aiutarci a comportarci moralmente.
L’emozione ha un ruolo fondamentale nel guidare il comportamento morale mentre oggi paradossalmente si pensa comunemente che le azioni perdono il loro valore morale quando sono ispirate dall’emozione.
Eccoci al cospetto di questa terribile contraddizione dei termini: da una parte una serie di norme generali su cui ragionare, il Codice Deontologico, in uno specifico contesto concreto, la Psicoterapia, dove elettivamente a governare è il sentire, dall’altra un programma psicobiologico individuale all’origine delle capacità morali basato sulle emozioni.
Pertanto è assai improbabile che lo sviluppo di facoltà e comportamenti morali possa essere incoraggiato da una serie di codici e precetti a meno che non siano contemporaneamente favorite da una capacità emotiva e qui entriamo nello specifico della complessità dell’Etica della Psicoterapia.
Il Codice deontologico ci aiuta a ragionare in termini etici e dalla sua osservanza deriva sicuramente un buon comportamento terapeutico ma questo non è sufficiente nella relazione terapeutica.
Il Codice deontologico è una stupenda e indispensabile cornice di cui ogni professionista necessita per affermare il senso di appartenenza e di identità ai fini della buona prassi e del riconoscimento sociale e di auto-rappresentazione sociale in termini di professionalismo, ma all’interno del processo di Psicoterapia c’è qualcosa di più complesso.
Provo a mutuare da Jay Haley ( 1983 ) una definizione circa gli scopi della Psicoterapia: ‘ Scopo della terapia è di introdurre più complessità nella vita degli individui, nel senso di rompere modelli di comportamento ripetitivi e di aprire la via a nuove alternative. Il terapista non desidera che il paziente semplicemente si normalizzi, si adegui, ma vuole stimolare in lui l’iniziativa di produrre idee e azioni nuove, cui il terapista magari non aveva pensato, In questo senso il terapista incoraggia l’imprevedibile. Chi si occupa di controllo sociale ha lo scopo esattamente opposto. Il suo compito è di rendere la gente stabile, per il bene della comunità, in tal senso egli cerca di ridurre l’imprevedibilità. Egli vuole che le persone problematiche si comportino in modo prevedibile ‘ .
Ma chi è il buon psicoterapeuta? Sicuramente il Codice Deontologico ne traccia gli aspetti salienti e imprescindibili.
Cos’è la ‘ bontà ‘ dello psicoterapeuta ( Fornari F. ,1966 ), cioè l’insieme delle attitudini psicologiche e personologiche di un terapeuta ‘… capacità di risonanza a livelli regressivi pur rimanendo in una posizione perfettamente integrata, limitate esigenze narcisistiche, libertà dalla paura e soprattutto dall’angoscia, capacità di tollerare frustrazioni senza mobilitare aggressività inconscia …. ( Fornari F. , op cit. pag 81 ); attitudine che dipende in buona parte dalla sua ‘personalità terapeutica’ , dalla accurata formazione, dalla supervisione periodica che incrementa le attitudini della ‘personalità terapeutica’ , dalla maniera in cui egli stesso ha risolto le proprie problematiche narcisistiche, libidiche e aggressive.
A questo punto ritengo che i registri della riflessione ci siano tutti e denotino la complessità del sistema entro il quale si va ad operare nella pratica professionale.
Le variabili sono tante ed interconnesse e meriterebbero singolarmente gli approfondimenti dovuti, dalle componenti macrosistemiche dei mutamenti del quadro socio-economico, il ruolo delle Istituzioni che governano la professione, la dinamica della auto- rappresentazione sociale, a quelle del microsistema relazionale più specifiche che si presentano ed evolvono nella individualità del professionista e nella relazione terapeutica con l’Altro.
L’Etica della Psicoterapia è la risultante di processi auto – organizzanti dove la cornice del Codice Deontologico definisce il contesto politico e sociale indispensabili allo status professionale .
All’interno troviamo una dimensione fluida, imprevedibile, il setting, dove nella relazione si incontrano capacità morali ed emozioni, attitudini personali, la formazione del terapeuta, il conforto di una periodica supervisione … entriamo nel paradigma dei sistemi dinamici complessi dove le risposte auto-organizzanti sono garanzia di sopravvivenza del sistema: la psicoterapia e il buon psicoterapeuta auto-organizzano nel sistema complesso che rappresentano l’Etica, perché essa definisce il disequilibrio fluente proprio della Psicoterapia intesa come processo dinamico complesso.
Bibliografia
BONIOLI G. Il limite e il ribelle . Milano : Raffaello Cortina Editore, 2003 .
EVANS D. Emozioni . Bari : Editori Laterza , 2002 .
FORNARI F. Nuovi orizzonti nella Psicoanalisi . Milano : Feltrinelli, 1966 .
FREIDSON E . Il Professionalismo . Bari : Edizioni Dedalo, 2002 .
HALEY J. Il distacco dalla famiglia . Roma : Astrolabio , 1983 .
MORDINI E. Psichiatria, Deontologia ed Etica Medica, in Lo Psichiatra Italiano, Milano: Hippocrates Edizioni Medico-Scientifiche, 1997 .
MORIN E. Il paradigma perduto . Che cos’è la natura umana . Milano : Bompiani, 1974 .