Winnicott, nel suo articolo “La funzione di specchio della madre e della famiglia nello sviluppo infantile”(1967), dopo aver elencato le funzioni che deve assolvere l’ambiente nei primi mesi di vita del bambino (holding, handling, object presenting) si chiede: “Ora a un certo punto viene il momento in cui il bambino si guarda intorno. Che cosa vede il bambino? Che cosa vede il lattante quando guarda il viso della madre?” e risponde “Secondo me ciò che il lattante vede è sé stesso”.
L’autore ipotizza poi che, se i lattanti fanno esperienza ripetuta di guardare il volto della madre e non vedere sé stessi ma di scorgere il volto reale, ci saranno delle “conseguenze”.
Quali sono queste conseguenze?
Ad essere minato è il senso di esistenza del bambino che viene privato di quell’esperienza di corrispondenza che convalida le sue sensazioni, che rappresentano tutta la sua esperienza disponibile. Se è visto, allora esiste. E’ reale. Quel piacere è reale. Quel dolore è reale.
“Quando guardo sono visto, così io esisto.
Ora posso permettermi di guardare e di vedere” (Winnicott, 1967).
L’esame di realtà è un processo complesso che supera la semplice distinzione tra mondo interno ed esterno. Si configura come una funzione integrativa, un punto di raccordo tra dimensioni corporee, emotive, trasformative e relazionali, attraverso cui il Sé si forma e si afferma nel mondo. Questo articolo approfondisce il ruolo dell’esame di realtà nella capacità di abitare il mondo, interno ed esterno, in modo creativo ed autentico. Questa dialettica tra le dimensioni dell’esistere è un processo evolutivo, dinamico e relazionale, che si sviluppa lungo tutto l’arco della vita, intrecciandosi con i cicli vitali e le esperienze quotidiane. Un aspetto cruciale dell’esame di realtà riguarda appunto la relazione con la dimensione corporea. Secondo Winnicot la “personalizzazione” (Winnicot,1950) è il primo passo verso il riconoscimento del corpo come Me: il corpo è il nostro primo strumento di interazione con il mondo esterno, attraverso il quale possiamo cominciare a sperimentare i nostri confini fisici, emotivi e psichici. La “personificazione” (ibidem), invece, va oltre l’abitare il corpo, ossia lo rende un mezzo attraverso cui il Sé si esprime. È la capacità di so-stare nell’attimo presente per raccontare chi siamo, per comunicare i nostri stati interni agli altri, per manifestare la nostra identità. Questo processo, che può emergere fin dalla prima infanzia, gioca un ruolo cruciale durante tutta la vita. Il Corpo è dunque il terreno originario della soggettività. Armando Ferrari evidenzia che il corpo rappresenta il terreno primordiale da cui prende origine la mente; pertanto l’esperienza sensoriale corporea svolge un ruolo fondamentale nello stimolare continuamente la capacità simbolica. Il corpo non è un contenitore passivo, ma un interlocutore attivo in costante dialogo con la mente. È l’“Oggetto Originario Concreto” (Ferrari,1992) da cui la mente inizia a strutturarsi. Nella dialettica tra corpo e mente emerge il Sé, che si radica nella corporeità e si esprime simbolicamente mediante la personificazione, in un continuo oscillare e trasformarsi lungo l’intero arco della vita. Tutto questo prevede una crescita, uno sviluppo dal piccolo al grande, dal semplice al complesso, dall’Uno al Bino (ibidem). Il passaggio dall’essere corpo all’essere persona prevede la presenza dell’Altro. L’essere con l’Altro coinvolge la Relazionalità, lo “stare con”, in un equilibrio tra connessione e riconoscimento dei propri limiti.
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