Rispecchiamento e interpretazione: riflessioni teoriche e cliniche

“Ambiente e identificazione: alle radici del processo di soggettivazione”

Di Giulia Lollobrigida

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Winnicott, nel suo articolo “La funzione di specchio della madre e della famiglia nello sviluppo infantile”(1967), dopo aver elencato le funzioni che deve assolvere l’ambiente nei primi mesi di vita del bambino (holding, handling, object presenting) si chiede: “Ora a un certo punto viene il momento in cui il bambino si guarda intorno. Che cosa vede il bambino? Che cosa vede il lattante quando guarda il viso della madre?” e risponde “Secondo me ciò che il lattante vede è sé stesso”.

L’autore ipotizza poi che, se i lattanti fanno esperienza ripetuta di guardare il volto della madre e non vedere sé stessi ma di scorgere il volto reale, ci saranno delle “conseguenze”.

Quali sono queste conseguenze?

Ad essere minato è il senso di esistenza del bambino che viene privato di quell’esperienza di corrispondenza che convalida le sue sensazioni, che rappresentano tutta la sua esperienza disponibile. Se è visto, allora esiste. E’ reale. Quel piacere è reale. Quel dolore è reale.

“Quando guardo sono visto, così io esisto.

Ora posso permettermi di guardare e di vedere” (Winnicott, 1967).

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